LE ORIGINI
Verso la fine del ‘400, il mercante Onorio Garofolo acquista i terreni della fertilissima vallata percorsa dal torrente Kemonia. La fossa della Garofala, come sarebbe poi conosciuta, passa di mano in mano per diversi proprietari fino al 1801, quando viene acquistata da Giuseppe Reggio, Principe d’Aci: diventa allora una stazione di sperimentazione agraria e importa i più moderni macchinari agricoli dall’Inghilterra. La proprietà passa successivamente a Ferdinando IV di Borbone che la dà in dote alla figlia Maria Amalia. Nel 1809 diventa la sposa di Luigi Filippo, Duca d’Orléans, che continua ad ampliare la proprietà con i terreni limitrofi creando un vasto parco. La coppia gode della dimora fino al 1814 quando i cambiamenti politici in Francia permettono al futuro re di tornare in patria. Nel 1857, il suo erede, Enrico Eugenio Duca D’Aumale, rinnova e amplia il palazzo e il parco, costruendo un giardino formale (l’attuale Parterre).
Gli Orléans mantengono la proprietà fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando viene temporaneamente requisita come bene straniero. Nel 1950, Enrico Roberto, Conte di Parigi, ne vende 40 ettari all’Università e nel 1954 il Palazzo e la restante parte del parco vengono acquistati dalla Regione Siciliana che attua opere di recupero e di adattamento per stabilirvi la Presidenza e aprire alla fruizione pubblica il giardino.
IL GIARDINO GARDENESQUE
Quando Luigi Filippo viene in possesso del Parco all’inizio dell’Ottocento, realizza un giardino in uno stile, il gardenesque, divenuto popolare in Gran Bretagna per merito del botanico e paesaggista scozzese John Claudius Loudon. L’impianto fu diretto dal giovane agronomo Vincenzo Tineo (che diverrà direttore dell’Orto Botanico) con esemplari vegetali provenienti dalla Real Tenuta della Favorita e scelti personalmente dalla coppia reale, con l’aiuto del giardiniere Morici. Luigi Filippo chiama il nuovo giardino “Villa Diana”, nome allora molto alla moda.
Lo stile gardenesque vuole celebrare la capacità artistica e orticola del giardiniere attraverso le piante esotiche di nuova introduzione in Europa. Le nuove specie sono come esposte su un prato, come pregiate sculture. Benché il giardino gardenesque sia sempre informale (non geometrico), contrasta nettamente con la tipologia romantica, che celebra una visione sublime della natura e cerca di nascondere l’intervento dei giardinieri. La Sicilia per i suoi caratteri ambientali è luogo ideale per l’impianto di un giardino di questo stile. Le specie pregiate includono araucaria e ficus, provenienti dall‘Oceania, ma anche noline e palme dell’Asia e delle Americhe; specie esotiche che erano allora delle novità assolute.
IL PARTERRE
La parola parterre viene dal verbo latino partior, o dividere. Un parterre è un’area in piano, normalmente a ridosso della dimora, con una composizione di figure geometriche fatta di piante potate, unite da un disegno unitario e armonioso. Si dice che fu Caterina di Medici a portare il parterre dall’Italia al giardino delle Tuileries in Francia nel ‘500.
La specie preferita nel clima temperato per formare le siepi di un parterre è il bosso (Buxus sempervirens). Tuttavia, e soprattutto in Sicilia, soffre il caldo. Per questo motivo sono state sperimentate specie più resistenti o di più veloce crescita.
Fu Enrico Eugenio a realizzare il Parterre insieme a tante opere di bonifica ed ampiamento. L’impianto originale si smarrisce negli anni e la Regione, quando riapre il giardino al pubblico negli anni ‘50, realizza un nuovo disegno ispirato dalla memoria dell’originale. Al centro, si può ammirare la scultura in bronzo di Pietro Consagra, “Controluce euforico”, donato al Parco in onore dell’anniversario della Regione Siciliana nel 1998.Consagra è uno dei più prestigiosi esponenti della scultura contemporanea internazionale. Le sue opere si trovano nei più importanti musei del mondo.
IL BOSCHETTO
Sul lato meridionale del Parco, al confine con i campi sperimentali dell’Università di Palermo lungo la Fossa della Garofola, si sviluppa il Boschetto di lecci. Risale alla suddivisione originaria del giardino di Luigi Filippo d’Orléans, chiamato Villa Diana in celebrazione della divinità Romana, distinto in parti dette “giardino”, “prato” e “boschetto”.
Il boschetto era un elemento importante sia nel giardino classico formale, dove si usava alzare una quinta di fitti alberi dietro il parterre per esaltarne la teatralità, sia nei giardini romantici per sottolineare la loro sublime naturalezza. L’attenzione ai boschetti, nella evoluzione dei giardini, risalga al bosco sacro greco e romano, il locus amoenus dove trovarsi in armonia con la “divina natura”.
Passeggiando lungo il sentiero che attraversa il Boschetto, è soprattutto il leccio (Quercus ilex) a dare riparo. Questa quercia mediterranea sempreverde, con le sue foglie coriacee, resiste alle condizioni calde ed aride dell’estate siciliana.